Non appena varcai il portone in ferro battuto della biblioteca (Universitaria, come altre sue consorelle, solo nel nome), sentii un nodo farsi strada tra le scapole. Una tensione sottile, come una memoria antica che risaliva la schiena. Erano passati nove anni, eppure quel luogo sembrava rimasto identico a se stesso. L’odore — carta antica, legno lucido, pietra levigata — mi accolse con la gentilezza di chi non ha mai smesso di aspettare. Il silenzio, denso e vivo, sembrava inghiottire ogni rumore superfluo, lasciando emergere solo il fruscio discreto delle pagine sfogliate e i passi lievi sul marmo screziato.
La facciata neoclassica dell’ex Hotel Colombia si curvava con grazia lungo l’andamento della strada, come se volesse adattarsi alla città piuttosto che imporsi. Un abito d’epoca indossato con la consapevolezza di chi ha vissuto. Un tempo era stato un albergo, adesso un rifugio per lettori.
Avevo trentacinque anni e un matrimonio che avevo scelto di lasciarmi alle spalle troppo tardi, forse. Non c’erano figli ad alleggerire il dolore o a giustificare le rinunce. Solo un grande vuoto, scavato negli anni in cui avevo lasciato che la vita di un altro diventasse anche la mia, mentre la mia vera voce si faceva sempre più flebile, fino a scomparire.
Prova i nostri V-BOOKS su PC e godi appieno l'esperienza con il visore!